Per oltre cento anni la comunità scientifica si era rassegnata all’idea che la Chelonoidis phantasticus, una tartaruga gigante delle Galápagos, fosse estinta. Non se ne vedevano in giro dal 1906 e c’erano tutti i motivi per pensare che non sarebbe più successo. Poi all’improvviso eccola lì, quasi un fossile vivente di se stessa. L’esame del Dna ha confermato la bella notizia: ciò che credevamo perduto per sempre non è ancora perduto. Meno spettacolare dal punto di vista scientifico, ma sempre nello stesso capitolo delle seconde opportunità, una lontra gigante di fiume (Pteronura brasiliensis) è riapparsa in Argentina dopo quasi mezzo secolo di assenza. Un geco sarà meno carismatico di una tartaruga gigante, ma la riscoperta in Nuova Zelanda di un Cupola gecko (m. “cupola”) che la scienza riteneva ormai estinto è stata così commovente per l’erpetologo che l’ha ritrovato sotto una roccia da essere paragonata all’euforia per aver avuto un figlio. Non è un paragone così azzardato, l’idea di rivedere quello che pensavamo estinto ha davvero a che fare con il senso della vita e della morte. Non casualmente, per definire questo tipo di ritrovamenti la scienza usa una metafora decisamente in linea: specie Lazzaro, come Lazzaro di Betania, l’amico di Gesù che nel Vangelo secondo Giovanni visse due volte.

Cosa sono le specie Lazzaro

Le specie Lazzaro, come la tartaruga gigante delle Galápagos, provocano sempre grandi ondate di emozione nella comunità scientifica. Sono storie di speranza: la conservazione, durante questa estinzione di massa, ha molto bisogno anche di essere alimentata dalla speranza. La metafora biblica però è ovviamente fuorviante: le specie Lazzaro non sono tornate dall’aldilà, non c’è nessuna resurrezione, semplicemente non le avevamo avvistate abbastanza a lungo da esserci rassegnati. Ma come viene dichiarata estinta una specie? La definizione semplice è: dopo un numero sufficiente di anni senza avvistamenti. Ma in realtà la faccenda è un po’ più complessa. Gli scienziati che collaborano con la Lista rossa dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn) sono prudenti quando si tratta di dichiarare una specie estinta, perché affermare ufficialmente che un animale o una pianta non esistono più vuol dire rinunciare per sempre a cercare di proteggerli, smettere di raccogliere fondi, abbandonare gli sforzi. Per questo motivo, per esempio, il baiji, il delfino di fiume dello Yangtze (Lipotes vexillifer) in Cina, non è stato ancora dichiarato estinto, anche se probabilmente lo è. È bastato un video sfocatissimo per sollevare dubbi (o speranze, se preferite) e il delfino dello Yangtze è ufficialmente ancora solo “gravemente in pericolo”.

geco tra gli animali dichiarati estinti
Anche il Cupola gecko è stato ritrovato dopo essere stato dichiarato estinto © Ingimage

Creduti estinti, ma si erano solo nascosti

La lista rossa degli animali in pericolo viene aggiornata ogni anno combinando ogni genere di fonti scientifiche e non scientifiche: spesso anche avvistamenti amatoriali vengono presi in considerazione per fare valutazioni, i bird watcher contribuiscono regolarmente alla valutazione sullo status degli uccelli a rischio estinzione. Si usano anche fototrappole, tracce e segni nell’ecosistema, ci sono studi pilota per fare ricorso anche a big data e algoritmi per valutare lo status di conservazione. L’impostazione, come detto, è rimanere prudenti: a dicembre 2020, come ogni anno, è stata aggiornata la lista e 31 specie sono state dichiarate estinte, perse per sempre oltre ogni ragionevole dubbio. Eppure, contro ogni previsione o ragionevole dubbio, a volte ritornano. Nella storia ci sono 350 specie che a vario titolo hanno conquistato lo status di specie Lazzaro. La più famosa è il celacanto, un pesce che gli zoologi credevano estinto insieme ai dinosauri, 66 milioni di anni fa, finché la naturalista Marjorie Courtenay-Latimer ne trovò uno in vendita in un mercato del Sudafrica. Il celacanto (Latimeria) non si era estinto, era solo riuscito a prosperare lontano da occhi indiscreti (anche se ogni tanto finiva nell’occasionale rete dei pescatori). Delle novanta specie originarie, due resistono ancora, ci sono nutrite colonie nell’area protetta di Saint Lucia, in Sudafrica al confine col Mozambico (Latimeria chalumnae), e in Indonesia (Latimeria menadoensis).

A volte questi ritrovamenti possono essere piuttosto avventurosi. È il caso dei cavalli del Caspio, una delle razze equine più piccole, nonché uno dei più antichi animali addomesticati dall’uomo. Si credevano perduti da millenni, quando una donna americana di nome Louise Laylin si trasferì in Iran dopo il matrimonio con un aristocratico locale, prima della rivoluzione. Qui aprì un centro per coltivare la sua grande passione, l’equitazione. I cavalli locali però erano troppo difficili da cavalcare, così decise di fare una spedizione alla ricerca di cavalli selvatici più “facili” e qui, in un’area remota del nord, trovò i cavallini estinti, una varietà Lazzaro del cavallo che non solo è stata ritrovata ma anche immediatamente rimessa al lavoro. Anche la storia più recente, quella delle Galápagos, è curiosa. La tartaruga era stata rintracciata a febbraio 2019 durante una spedizione del Giant tortoise restoration initiative. Era una centenaria così preziosa che fu subito evacuata dalle pericolose lave vulcaniche dell’isola di Fernandina. Da lì è stata portata in un centro per essere analizzata, ci sono voluti due anni di indagini per stabilire che quell’esemplare era effettivamente una specie Lazzaro, la tartaruga gigante creduta estinta cento anni prima. Il ministro dell’Ambiente dell’Ecuador Gustavo Manrique Miranda ha twittato con entusiasmo il responso, quel successo era anche una vittoria politica.

Quel giorno, però, il pensiero di molti è andato a un’altra tartaruga famosa, lonesome George, l’ultimo maschio di una specie simile, sempre delle Galápagos, la tartaruga dell’isola Pinta (Chelonoidis abingdonii). Anche questa era stata considerata estinta fino al ritrovamento di George, che divenne lonesome, solitario, dopo il fallimento dei tentativi di farlo accoppiare con specie simili per dare un futuro ai suoi geni. Quando George morì, nel 2012, è come se con lui fosse morta anche la sua intera specie.