Per colpa della plastica non soffrono solo gli oceani e i pesci. A subire i danni provocati dalla presenza di tale materiale ci sono persino animali che abitano in zone desertiche. È il caso dei dromedari degli Emirati Arabi Uniti. Lo studioso americano Marcus Eriksen ha condotto una ricerca sui decessi nella popolazione di camelidi intorno alla città di Dubai e ha scoperto che l’1 per cento delle morti era da collegare proprio all’ingestione di plastica. Una percentuale solo all’apparenza trascurabile che certifica i rischi di questo tipo di inquinamento anche fra gli animali sulla terraferma.

Analizzati 30mila dromedari deceduti dal 2008 ad oggi attorno a Dubai

Eriksen, membro dell’organizzazione no-profit californiana 5Gyres, ha condotto la sua ricerca su 30mila dromedari deceduti nell’area intorno a Dubai dal 2008 a oggi. Negli Emirati Arabi Uniti vivono circa 390 mila animali caratterizzati da un’unica gobba, a differenza dei cammelli che ne hanno due e sono originari dell’Asia Centrale. Il team di Eriksen ha scoperto che 300 fra gli esemplari esaminati avevano stomaci colmi di plastica. In cinque di essi, la plastica pesava fino a 64 chilogrammi.

Rifiuti di plastica
Rifiuti di plastica © Brent Stirton/Getty Images

“Scavando tra le costole di un dromedario sepolto nelle sabbie di Dubai, non riuscivo a credere a quello che io e i miei colleghi avevamo trovato: una massa di sacchetti di plastica grandi come una valigia. Almeno duemila sacchetti di plastica ammassati insieme dove sarebbe stato lo stomaco dell’animale”m ha scritto Eriksen in un’editoriale pubblicato dal quotidiano Washington Post per denunciare l’accaduto. Nonostante lo studioso lavori da anni per combattere l’inquinamento provocato da tale materiale, la scoperta lo ha infatti sorpreso: “Abbiamo sentito parlare di mammiferi e uccelli marini, così come tartarughe sofferenti per i danni causati da rifiuti di plastica. Ma questa non è solo una questione di mari e oceani. È anche un problema anche per la terraferma. La plastica è ovunque”.

Gli animali mangiano plastica, si sentono sazi, e muoiono di stenti o intossicati

I dromedari vagano infatti per il deserto in cerca di cibo e sono soliti addentare sacchetti di plastica e altri rifiuti che si accumulano lungo i bordi delle strade o che arrivano fino al deserto spinti dal vento e da altre condizioni atmosferiche. Riempendosi lo stomaco con la plastica, gli animali non mangiano altro perché non hanno appetito. Così, muoiono di fame. La plastica può inoltre rilasciare tossine e introdurre batteri che avvelenano i mammiferi.

“A differenza di altre ricerche che esaminano gli animali in un laboratorio, questo è stato uno studio sul campo. E che riguarda concentrazioni di rifiuti di plastica che attualmente esistono nell’ambiente. È una tragedia”, ha aggiunto Eriksen. Microplastiche dannose per la salute sono state trovate anche nel corpo umano e sui ghiacchiai delle montagne: “Dobbiamo smetterla di parlare di inquinamento da plastica come se fosse limitato ai nostri oceani e iniziare a parlare di inquinamento da plastica globale. Che danneggia la vita ovunque. È come una pandemia, presente dalle cime delle montagne al fondo del mare. Una visione limitata ostacola la nostra capacità di risolvere il problema”.

Occorre riciclare ed evitare i prodotti monouso

5Gyres ed Eriksen offrono anche delle soluzioni per arginare il problema: l’utilizzo di plastica riciclata e l’eliminazione di oggetti monouso sono due esempi da seguire. “La plastica monouso, come buste, cannucce e bicchieri, viene utilizzata una sola volta e gettata via. Le industrie che li producono non vogliono smettere di realizzarla perché hanno convinto le persone e i leader governativi che i consumatori e le città sono responsabili del mancato riciclaggio. La vera soluzione è l’implementazione di un’economia circolare in tutto il mondo, che includa l’eliminazione degli articoli usa e getta. Attraverso la responsabilità del produttore per l’uso della plastica e con una nuova logica del riutilizzo faremo passi da gigante per salvare animali come i dromedari dall’impatto negativo dei loro ambienti”, spiega sul proprio sito l’organizzazione californiana. Ciò che serve, dunque, è prima di tutto un cambiamento di mentalità.