Napoli, Roma, Genova, Torino, Milano. Cinque città che rappresentano l’eterogeneità del tessuto urbano nazionale unite, però, da una filosofia comune: quella di rilanciare zone complesse e spesso degradate attraverso la street art. Non più considerata vandalismo, questa forma d’arte è riconosciuta da cittadini, quartieri e istituzioni per il suo valore sociale, in grado di riscrivere – o ridipingere – il destino di intere aree cittadine.

Grazie a progetti grandi e piccoli, temporanei e continuativi, pubblici e privati, sono nati interventi di street art in tutta Italia strutturati intorno alle esigenze dei cittadini, coinvolti direttamente nelle fasi di progettazione, realizzazione e promozione, ad esempio dialogando con gli artisti e ospitando tour dei loro quartieri. Per un’arte diffusa, democratica e partecipata.

Disegnare muri è comunque solo una scusa per agire sul sociale.

Emanuela Caronti, membro dell’associazione Linkinart

Gomez, rione Luzzatti-Ascarelli, amica geniale, rione dei murales, inward
L’opera di Gomez al rione Luzzatti-Ascarelli di Napoli ha inaugurato il programma Rione dei murales di Inward. I bambini di una scuola del rione hanno prodotto dei disegni ispirati a una rilettura creativa de L’amica geniale la cui interpretazione è stata affidata a Gomez © Lucca Messer

Inward a Napoli, e non solo

Nato dalle prime iniziative informali dei suoi fondatori negli anni Novanta, l’osservatorio sulla creatività urbana Inward è diventando un’organizzazione di riferimento per lo sviluppo della street art a Napoli, città da cui nasce, e altre zone da sud a nord Italia. Oltre a compiere attività di ricerca come Inopinatum, il centro studi sulla creatività urbana all’Università La Sapienza di Roma, Inward collabora con enti pubblici, privati, organizzazioni no profit e internazionali per realizzare interventi di street art volti a migliorare non solo l’aspetto ma anche la qualità di vita in alcune delle periferie più complesse del paese.

Il parco Merola di Ponticelli, quartiere della periferia est di Napoli – uno dei territori con il più alto tasso di dispersione scolastica e disoccupazione in Italia – è stato ribattezzato il Parco dei murales, diventando un modello di riqualificazione artistica e rigenerazione sociale. Gli otto murales realizzati da altrettanti artisti hanno trasformato il complesso residenziale nel primo distretto della creatività urbana della Campania, visitabile anche grazie a tour organizzati da Inward. L’intervento è stato anche sociale, con la partecipazione soprattutto dei giovani del quartiere coinvolti attraverso laboratori interattivi e dialoghi con gli artisti, e alcuni raffigurati nelle opere stesse. Un modello che Inward mira a replicare e ampliare in un altro quartiere, il rione Luzzatti-Ascarelli, con l’inaugurazione della prima opera del Rione dei murales nel 2019.

(Vogliamo) creare un grande incubatore sociale che aiuti le comunità locali a riflettere sulla propria identità, sui valori e sul contributo che chiunque può donare al territorio.

Luca Borriello, co-fondatore e direttore ricerca di Inward

Big city life a Roma

Con iniziative come MURo, il museo di urban art, Hunting Pollution, il murales più grande d’Europa realizzato con Airlite, e Outdoor, una lezione interattiva e un tour virtuale dedicati all’arte pubblica della Città Eterna, Roma si è posizionata come una della culle mondiali della street art. Big city life realizzato dalla no profit 999Contemporary è uno dei progetti meglio riusciti in questo senso. Grazie alla formula di arte pubblica partecipata proposta dall’organizzazione anche in altri contesti, un condominio di case popolari a Tor Marancia, a sud della città, è stato trasformato in un museo a cielo aperto che ospita i lavori di 22 artisti da dieci paesi e che è stato selezionato per rappresentare l’Italia alla 15a Mostra internazionale di architettura della Biennale di Venezia nel 2015.

“Il bambino redentore” di Seth, “Nostra signora di Shanghai” di Mr Klevra e “Ordine e disordine” di Matteo Basilè sono solo alcune delle opere nate dall’incontro tra 500 famiglie che abitano nelle case popolari di Tor Marancia e gli artisti. Il progetto ha così trasformato una borgata storica e tra le più popolose della capitale in un’attrattiva culturale di fama internazionale e una tappa d’obbligo per chiunque desideri esplorare la vivace scena di street art romana. Un museo sempre aperto e completamente gratuito che si può esplorare anche attraverso visite guidate.

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L’opera di Seth (FR) “Il bambino redentore” © Stella Levantesi/LifeGate

On the wall a Genova

13 facciate nella zona del ponte Morandi sono state trasformate in grandi murales uniti dal tema della gioia. Così, il progetto On the wall del comune di Genova in collaborazione con l’associazione Linkinart ha voluto dare un nuovo volto al quartiere Certosa che si sviluppa sotto il viadotto Polcevera, crollato il 14 agosto 2018 causando 43 vittime. Una tragedia nazionale e per la comunità locale, con oltre 500 persone che hanno dovuto lasciare le proprie case e molte attività commerciali che non sono sopravvissute al disastro.

On the wall si è posto l’obiettivo di riscrivere la reputazione del quartiere come luogo di arte e ricostruzione. Grazie all’aiuto di una squadra di 28 persone coinvolte anche negli interventi della Protezione civile in seguito all’incidente, gli artisti hanno partecipato a un vero e proprio festival urbano, realizzando i murales per rappresentare il tema scelto – e senza citare il ponte – da luglio ad agosto 2019, in contemporanea con la demolizione del ponte e concludendoli in tempo per il primo anniversario della disgrazia.

On the wall
Uno dei muri nel quartiere Certosa di Genova che ha preso vita grazie a On the wall © Domenico D’Alessandro

Il progetto non è solo simbolico, ma rappresenta un investimento nel futuro del quartiere. In una passeggiata di un’ora è possibile vedere tutti i murales, e questo itinerario è diventato un tour (il prossimo è programmato per il 21 aprile) organizzato da Linkinart nella cornice di Walk the line, iniziativa dedicata alla rinascita di Certosa ma anche altre parti di Genova, come l’adiacente quartiere Sampierdarena e i piloni delle sopraelevate della città.

Mi ha molto colpita una ragazza che un giorno ci ha detto: “Ieri sera a tavola io e la mia famiglia per la prima volta non abbiamo parlato del ponte ma di quale murale ci è piaciuto di più”.

Emanuela Caronti, architetto e membro di Linkinart

B.Art a Torino

“A tratti surreale, e schivo, a volte quasi terrificante. Inutile dire che ci piace”. Con le parole usate dalla giornalista Katherine Brooks per descrivere Francesco Camillo Giorgino, in arte Millo, si apre la pagina di Google Arts & Culture dedicata all’artista pugliese, scelto per dipingere 13 facciate nel quartiere di Barriera di Milano a Torino per rappresentare il rapporto tra le persone e la città. Le opere sono state realizzate all’interno del bando internazionale di arte pubblica B.Art – Arte in Barriera del programma Urban Barriera del comune di Torino, della Regione Piemonte e della Comunità europea per la riqualificazione artistica, culturale e sociale del quartiere.

Completati nel 2014, i murales della serie “Habitat” sono addirittura citati dal New York Times come una delle attrazioni da non perdere di Torino, inclusa nella lista dei 52 posti da visitare nel mondo nel 2016; a dimostrazione del successo anche internazionale dell’intervento che ha ridefinito il valore estetico e culturale di edifici pubblici e privati nel quartiere Barriera. Attraverso un tour della zona, mappe gratuite e un percorso dedicato alle scuole, il progetto di arte pubblica è diventato un’attrazione turistica per portare i visitatori in una zona popolare a nord della città.

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Il murales di Ortica Memoria a Milano dedicato alla musica popolare © Orticanoodles

Orticanoodles a Milano

Dalle sperimentazioni con la poster art, ovvero l’affissione abusiva di poster sui palazzi, Walter Contipelli “Wally” e Alessandra Montanari “Alita” hanno maturato la loro visione fondando un collettivo artistico che ha trasformato 15mila metri quadrati di muri a Milano in tele all’aria aperta. Orticanoodles, nome che richiama quello del quartiere Ortica della città che ne costituisce la sede e il cuore, ha ritagliato un nuovo spazio per l’arte urbana nel capoluogo lombardo, grazie anche al cambio di rotta inaugurato dall’amministrazione del sindaco Giuliano Pisapia (2011-2016) che, invece di reprimere la street art, ha voluto investire nel suo potenziale.

Partendo dalla valorizzazione di angoli dimenticati come i sottopassaggi, Orticanoodles ha realizzato una trentina di murales in tutta Milano, tra cui quelli del “quartiere museoOr.Me – Ortica Memoria. Un museo a cielo aperto, creato anche grazie al contributo di centinaia di giovani, che esplora diversi aspetti della storia del Novecento come l’antifascismo, il femminismo, l’immigrazione e lo sport attraverso i volti delle donne e degli uomini che li hanno segnati.

Vogliamo portare la ricerca artistica nella vita di tutti i giorni.

Orticanoodles

L’opera Simply Electric è stata realizzata con Airlite, una speciale pittura che rimuove dall’aria sostanze nocive, purificandola © LifeGate

Oltre a quella sociale, forte è anche la componente ambientale. Orticanoodles, infatti, è il braccio creativo dietro a Simply Electric, il primo LifeGate Wall, spazio destinato a ospitare messaggi legati alla salvaguardia del Pianeta e alla costruzione di una società più equa, sostenuto da Opel, per cui la scelta di un motivo floreale e l’utilizzo di una vernice “mangia smog” rappresentano una visione di un futuro sostenibile e accessibile che passa attraverso l’elettrificazione dei suoi veicoli. Il murale raffigurante una grande peonia, infatti, non ha regalato solo colore alla via Canonica di Milano, ma anche un’aria più pulita grazie all’utilizzo della pittura Airlite che assorbe gli agenti inquinanti emessi dai veicoli non elettrici.